Registro della Bigenitorialità Milano: comunicazione urgente

Milano/Rovereto (TN) 26 marzo 2016

Calendarizzato importante incontro dalla Commissione Affari Istituzionali a Palazzo Marino per l’istituzione del Registro della Bigenitorialità proposto dalle associazioni MFPG – Movimento Femminile per la Parità Genitoriale – e C.A.B. onlus – Centro Antiviolenza Bigenitoriale – che vede primi firmatari i consiglieri comunali Iezzi – LN – e  Giungi  -PD –

Oppurtuna la presenza di Associazioni, Attivisti e Professionisti (avvocati, psicologi, mediatori familiari ecc.)  preparati sul tema.

Per il coordinamento e la partecipazione all’importante appuntamento contattare

mfpg@hotmail.it nelle persone di Adriana Tisselli e Laura Besana;

centro.bigenitoriale@gmail.com nella persona di Roberto Buffi.

Anticipatamente si ringrazia

Cordialità

MFPG

CAB onlus

Proposta di deliberazione                                                                 http://www.donnecontro.info/wp-content/uploads/2016/03/DELIBERA.pdf

Regolamento comunale                                                                     http://www.donnecontro.info/wp-content/uploads/2016/03/Regolamento.pdf

http://centroantiviolenzabigenitoriale.com/registro-della-bigenitorialita/

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Casa famiglia lager a Marino: trovati minori nel degrado ed al freddo

Quattro le persone denunciate. Gli ospiti della struttura alloggiavano in stanze insicure ed in precarie condizioni igienico-sanitarie

Una casa famiglia lager a Marino con gli ospiti della struttura (sei minorenni ed uno appena maggiorenne) trovati tra degrado, abbandono, trascuratezza, incuria, condizioni igieniche precarie, mancanza di sicurezza. E’ questo ciò che hanno trovato i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Castel Gandolfo all’interno di una casa famiglia del Comune dei Castelli Romani.

DEGRADO E INSICUREZZA – Il blitz dei militari, supportati da personale dell’Asl Roma 6 e dagli assistenti sociali del Comune di Marino (dove è situata la struttura) è scattato ieri: i carabinieri hanno trovato sei minorenni ed un maggiorenne (di varie nazionalità) che alloggiavano in stanze fredde, sporche e insicure, in precarie condizioni igienico-sanitarie.

QUATTRO DENUNCE – Quattro le persone denunciate responsabili del reato di abbandono di persone minori o incapaci: si tratta di una donna di 48 anni, responsabile dell’associazione ONLUS che gestisce la struttura, del marito 50enne, che svolgeva la funzione di educatore, e di altri due operatori di 22 e 43 anni, il primo senegalese ed il secondo nato in Congo ma domiciliato nella zona di Mentana.

SIGILLI ALLA CASA FAMIGLIA – La struttura è stata sequestrata mentre i giovani, grazie all’intervento dei servizi sociali del Comune di Marino, sono stati trasferiti presso un Centro di Prima Accoglienza della Capitale. Sono in corso ulteriori accertamenti tesi a definire le somme percepite dall’associazione per ogni minore ospitato.

Fonte Roma Today casa famiglia minori lager Marino

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Bigenitorialità video / bozza di proposta per l’istituzione del registro della B.

Video

Bozza di proposta Scarica il testo e promuovilo presso il tuo comune di residenza

bigenitorialita.eu

 

Art. 337-ter c.c.
(Provvedimenti riguardo ai figli)
Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e
continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione,
istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti
significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo
genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti
di cui all’articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi
alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di
essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino
affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli
sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza
presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui
ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura,
all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari
all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta
ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di
temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori,
l’affidamento familiare. All’attuazione dei provvedimenti relativi
all’affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso
di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del
provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico
ministero, al giudice tutelare.
La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le
decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione,
all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del
minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità,
dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di
disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle
decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può
stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale
separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni
dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della
modifica delle modalità di affidamento.

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Affidamento condiviso dei figli, il “Rito Partecipativo”: Torino 11 marzo 2016

Venerdì 11 marzo si è svolto a Torino presso il Tribunale “Bruno Caccia” il convegno che ha presentato la prassi procedurale per i procedimenti relativi ai figli di coppie non sposate, in uso presso il Tribunale di Milano.
Una procedura giudiziaria, dove la Sezione Famiglia del Tribunale di Milano ha fatto, come si dice in gergo, “di necessità virtù”. A fronte di un contenzioso sempre più numeroso, in seguito allo spostamento delle competenze dal Tribunale dei Minori al Tribunale Ordinario, Milano ha saputo valorizzare la risorsa professionale costituita dai Giudici Onorari di Tribunale, avvocati, esperti in diritto di famiglia, che ascoltano i genitori in udienza e con l’ausilio delle tecniche delle mediazione, lavorando in sinergia con i difensori delle parti, le aiutano a raggiungere
un accordo per l’affido dei figli.
In una realtà complessa come quella del conflitto familiare è necessario tenere conto di molte sfumature, e per poterle affrontare e sviscerare è necessario fare interagire saperi diversi all’interno di una stessa professione. Nelle udienze di rito partecipativo, le parti, in un tempo che viene messo a loro disposizione, raccontano la loro storia, e un Giudice Onorario, ascoltando le loro parole, analizzando i loro silenzi, le loro azioni, ponendosi in una posizione non giudicante, insieme ai difensori le
parti, aiuta i genitori a costruire il loro “piano genitoriale”.
Si profila dunque una realtà processuale dove il Giudice, è non solo un giurista abile nella logica e razionalità, ma anche nelle capacità relazionali, un giudice che interviene nel processo, dialoga con le parti, tiene ferme le redini della procedura, ed è in una posizione di prossimità alle più disparate realtà familiari.

Cristina Ceci (avvocato familiarista, mediatore familiare e giudice onorario di tribunale)

https://www.facebook.com/Rito-Partecipativo-affidamento-condiviso-dei-figli-mediante-accordo-256260924531419/?fref=ts

Affidamento condiviso dei figli: il “Rito Partecipativo.”

 

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Provincia Autonoma di Trento: Filippo Degasperi M5S deposita PDL per “Istituzione di centri di informazione e di consulenza multidisciplinari per la promozione della bigenitorialità e per la tutela dalla violenza domestica senza distinzione di sesso.”

XV LEGISLATURA                                                                                     ANNO 2016

PROPOSTA DISEGNO DI LEGGE ,  n.

Istituzione di centri di informazione e di consulenza multidisciplinari per la promozione della bigenitorialità e per la tutela dalla violenza domestica senza distinzione di sesso

Su proposta del Consigliere Filippo Degasperi

Gruppo consiliare MoVimento 5 Stelle

Presentato il ….. marzo 2016

Assegnato alla Quarta Commissione permanente

 

RELAZIONE ILLUSTRATIVA al disegno di legge concernente:

Istituzione di centri di informazione e di consulenza multidisciplinari per la promozione della bigenitorialità e per la tutela dalla violenza domestica senza distinzione di sesso

La Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, ratificata con legge nazionale 176/1991, stabilisce che ogni bambino ha diritto ad essere cresciuto dai suoi genitori (art 7). La stessa Convenzione stabilisce inoltre che tale diritto non è derogabile nel caso di separazione della coppia coniugale (art. 9). La Carta di Nizza, parte del Trattato di Lisbona, ribadisce che il bambino ha il “diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse” (art. 24, comma 3).

Tale principio è presente anche nell’ordinamento giuridico italiano, in particolare esso è principio fondante della legge 8 febbraio 2006, n. 54 intitolata “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”, la quale modifica l’articolo 155 del codice civile, che prevede quanto segue: “Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. Infine, l’art. 337-ter del codice civile ribadisce “il diritto [del bambino] di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori; di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.

L’ISTAT rileva che le separazioni e i divorzi sono in costante aumento. Il 72% delle separazioni e il 62,7% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli. Secondo il dato ufficiale ISTAT nel 90,3% dei casi di disgregazione coniugale con figli è stato applicato l’affidamento condiviso, ma il dato non ci dice con quali modalità. La lacuna viene colmata dai dati raccolti dall’Osservatorio Nazionale sul Condiviso di Adiantum che ci informa che nel 93% dei casi il domicilio prevalente del figlio/a è quello della madre. Ricordiamo che la residenza prevalente, pur non essendo prevista dalla legge 54/2006, è di fatto una prassi giuridica recentemente recepita dall’articolo 2 della legge 219 del dicembre 2012 in materia di filiazione. Solo il 2% dei figli di genitori separati vede rispettato pienamente quel diritto ad essere cresciuti da entrambi i genitori in modo paritetico. Mentre agli altri è imposto di vivere l’83% del tempo con il genitore cosiddetto prevalente e con l’altro soltanto il 17% del tempo. Quasi un bambino su tre in Italia è privato del rapporto continuativo con uno dei due genitori.

Innumerevoli studi scientifici internazionali in campo neurobiologico, psicologico, biomedico e sociologico dimostrano l’importanza della compresenza dei genitori nella vita dei bambini per un loro sviluppo psico-fisico equilibrato. Per esempio la deprivazione materna e/o paterna ha effetti misurabili sotto il profilo neuroendocrino sugli equilibri ormonali con effetti negativi sullo sviluppo della prole. I bambini privati di una delle due figure genitoriali, tipicamente il padre, sono più a rischio di povertà e psicopatologie, maggiormente inclini agli attacchi di panico, hanno un più alto tasso di disordini di comportamento, delinquenza, abbandono scolastico, abuso di sostanze e violenza in fase adolescenziale, e sono più vulnerabili alle malattie.

I figli di genitori separati sono perciò le vittime principali della mancata realizzazione della volontà del Legislatore in materia di bigenitorialità.

Una delle cause di questa mancata realizzazione è sicuramente la carenza di informazioni e azioni di sensibilizzazione sulla cultura dell’affido condiviso rivolte ai genitori in fase di separazione, fase caratterizzata da litigiosità in cui spesso il figlio finisce per essere conteso o usato come arma di ricatto. In particolare gli adulti hanno bisogno di essere informati sull’importanza della compresenza dei genitori nella vita dei loro figli dopo la separazione e di essere aiutati a superare non solo il conflitto ma anche gli stereotipi di genere che tendono a relegare la figura paterna in un ruolo marginale e in qualche modo sacrificabile nella cura e nell’educazione del figlio. La mediazione familiare, strumento nato per aiutare i genitori in fase di separazione ad accordarsi per garantire al proprio figlio il diritto alla bigenitorialità è usufruibile in forma privata presso liberi professionisti e in forma gratuita in alcune ASL. L’ordinamento italiano però non prevede l’obbligatorietà per il giudice di informare sull’esistenza di questo strumento.

E’ ruolo delle istituzioni, stando alla recente mozione del 2 ottobre 2015 del Consiglio d’Europa, quello di promuovere la pari responsabilità genitoriale e una forma di affidamento denominata shared residence in cui i figli trascorrono tempi più o meno uguali con ambedue i genitori. La nostra Proposta di Legge vuole essere un atto concreto per raccogliere questo invito e promuovere la cultura della bigenitorialità sul territorio della Provincia Autonoma di Trento, pensando anche ad un modello esemplare da proporre anche all’intera Regione Trentino Alto Adige.

La “violenza domestica” è definita dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia con legge n. 77 del 27 giugno 2013 come “tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”. La convenzione esplicita che vittime di violenza domestica sono donne, uomini e bambini. La stessa legge distingue inoltre la violenza domestica dalla “violenza di genere”, intendendo quest’ultima come una forma specifica di violenza, che colpisce maggiormente le donne, e perpetrata per colpire la donna in quanto donna e per mantenere la donna in posizione subordinata rispetto agli uomini.

Come anche rilevato dalla letteratura sociologica e psicosociale, non tutta la violenza ricevuta dalle donne e non tutta la violenza domestica può essere interpretabile come violenza di genere, ossia come violenza riconducibile alla diseguaglianza di potere e alla rigida separazione dei ruoli nelle società patriarcali. Ci sono altri fattori (dinamiche relazionali e particolarità situazionali, stress, situazione psicologica, patologie, uso di droghe e alcol, violenza appresa, contesto socio-economico, ecc.) che contribuiscono a innescare la violenza e che vanno tenuti in considerazione nell’interpretazione e quindi nella prevenzione e nella risposta assistenziale alle vittime.

Innumerevoli studi internazionali rilevano che la violenza domestica è commessa in modo reciproco e simmetrico dall’uomo e dalla donna, con modalità differenti che rispondono alle tipicità dell’identità maschile e femminile. Inoltre, la violenza fisica perpetrata dalla donna sull’uomo è generalmente meno visibile rispetto a quella perpetrata dall’uomo sulla donna. I bambini sono vittime di violenza domestica maschile e femminile sia in modo diretto sia indiretto (violenza assistita) in quanto spettatori della violenza tra gli adulti della famiglia. In entrambi i casi la violenza genera effetti negativi nello sviluppo psico-fisico del bambino e segna le modalità relazionali anche nella vita adulta.

La risposta istituzionale alla violenza domestica, nonché il discorso pubblico e la rappresentazione nei media, sono focalizzati sulla violenza maschile contro le donne interpretata in chiave di genere, che come abbiamo visto è solo una delle possibili dimensioni del problema sociale della violenza domestica. Questo particolare approccio è confermato nella recente legge n. 119 del 15 ottobre 2013 che prevede un “Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” elaborato “con il contributo delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza” (Art. 5 comma 1).

Inoltre, l’Intesa tra il Governo e le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali del 27 novembre 2014 relativa ai requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, definisce “i Centri antiviolenza” come “strutture in cui sono accolte – a titolo gratuito – le donne di tutte le età ed i loro figli minorenni” (art.1) e stabilisce che tali centri debbano “avvalersi esclusivamente di personale femminile adeguatamente formato sul tema della violenza di genere“ (Art. 3).

Ne consegue che il contrasto istituzionale alla violenza domestica, raccomandato come abbiamo visto dalla stessa Convenzione di Istanbul, resta parziale in quanto non interviene in modo sistematico per accompagnare in un percorso di recupero quelle donne/madri che agiscono violenza nell’ambito familiare (fisica, psicologica, sessuale, economica, ecc. ), e in un percorso di tutela e cura dei bambini/e che vivono in queste famiglie, nonché degli uomini/padri che in questi contesti si trovano nella posizione di vittime. Esistono però sul territorio nazionale, nonché a livello internazionale, centri nati per colmare questo bisogno e che adottano una logica diversa da quella di genere accogliendo tutte le vittime senza distinzione di sesso (alcuni esempi: Centro Antiviolenza Bigenitoriale di Rovereto, Centro Ankyra di Milano, CEAV di Verona, Associazione per i Diritti del Cittadino a L’Aquila). Questo disegno di legge provinciale vuole incentivare, anche sul piano economico, e regolamentare questo emergente settore di intervento socio-sanitario da parte di organizzazioni senza fini di lucro sul territorio della Provincia Autonoma di Trento.

Il conflitto può essere al contempo fattore di disgregazione familiare e violenza, situazioni di estrema vulnerabilità, sia sotto il profilo psicologico sia socio-economico e legale, per tutte le persone coinvolte, in primis i bambini e i loro genitori.

La finalità di questa proposta di legge è la promozione concreta della tutela del diritto dei bambini ad essere cresciuti da entrambi i genitori in un contesto consono a un equilibrato sviluppo psico-fisico (contesto perciò non violento) anche dopo la separazione.

La relazione e il testo del disegno di legge sono stati elaborati grazie alla consulenza e alla collaborazione con la dott.ssa Daniela Bandelli e con il Sig. Roberto Buffi Presidente del Centro Antiviolenza Bigenitoriale (CAB) Onlus di Rovereto.

INDICE

Articolo 1 – Definizione ed attività dei centri di consulenza multidisciplinari per la bigenitorialità

Articolo 2 – Professionisti operanti nei centri di consulenza multidisciplinari per la bigenitorialità

Articolo 3 – Note di copertura finanziaria

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Padri separati.Comune di Trento, il M5S interroga: sostegno economico al genitore non collocatario

Si chiedono chiarimenti in merito agli interventi economici di aiuto sociale.


Emerge purtroppo come le situazioni economiche siano sempre più drammatiche.
Il Comune ha previsto aiuti alle famiglie in difficoltà:
– come anticipazione dell’assegno di mantenimento richiedibile sempre e solo da nucleo famigliare del minore;
– come intervento economico straordinario ai nuclei famigliari quale erogazione straordinaria finalizzata a far fronte ad una spesa indifferibile che il nucleo famigliare non è in grado di sostenere e quindi a prevenire e contrastare situazioni di emarginazione;
– come reddito di garanzia ai nuclei famigliari come forma di sostegno in un erogazione monetaria finalizzata ad integrare una condizione economica del nucleo famigliare insufficiente con possibilità di richiesta da parte dei nuclei famigliari che abbiamo almeno un componente con residenza da più di tre anni continuativi;
– come assegno per il nucleo famigliare per famiglie con almeno tre figli minori; come assegni di maternità per madri di neonati.
Tuttavia sembra che gli aiuti siano finalizzati sempre e solo ai nuclei famigliari da cui è escluso, in caso di separazione o divorzio, seppur in affido condiviso, l’altro genitore che non ha nel proprio nucleo famigliare i figli essendo domiciliati con il primo.
Si evidenzia come la prassi, e non la legislazione, preveda che il coniuge con domicilio sia quasi sempre la madre e che sia, sempre di prassi, il padre a dover corrispondere l’assegno di mantenimento.
La norma prevede «la misura e il modo con cui ciascuno di essi (i genitori e non il padre o la madre) deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli».
Emerge dalla stampa che il numero dei genitori, sempre i padri, che risultano inadempienti nel pagamento dell’assegno di mantenimento è in netto aumento per l’impossibilità economica di far fronte a tali spese anche qualora si dimostri che l’altro genitore guadagni di più e che il padre stesso si occupi dei figli in egual misura sia temporale che economica.
Attualmente il Comune, per sopperire al mancato versamento dell’assegno di mantenimento su delega della Provincia, eroga un sussidio economico quale anticipazione dell’assegno a favore dei minori con conseguente rischio di sanzione pecuniari da 103 a 1.032 euro e sanzione penale fino ad un anno di reclusione.
Il Movimento 5 Stelle ha pertanto presentano un interrogazione al fine di chiarire il perché si parli sempre e solo di nucleo famigliare quando ormai troppo spesso le famiglie in difficoltà sono quelle separate o divorziate delle quali solo uno dei due genitori ha il «diritto» di nucleo famigliare solo ed esclusivamente per il domicilio del minore quando lo stesso vive in effetti con entrambe in caso di affido condiviso.
Si domanda inoltre in che modo si sia affrontata questa tematica e quali siano gli effettivi ed efficaci aiuti assistenziali in merito alle problematiche economiche del genitore con affido condiviso sui minori ma che non abbia il «diritto» di avere i figli nel proprio nucleo famigliare.

I consiglieri Comunali M5S Trento
Andrea Maschio

Paolo Negroni
Marco Santini

Fonte: M5S Trentino                                                                         http://www.trentino5stelle.it/si-chiedono-chiarimenti-in-merito-agli-interventi-economici-di-aiuto-sociale/

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Disposizioni per l’efficienza del processo civile. DDL 2953 approvato dalla Camera dei Deputati il 10 marzo 2016 Sezioni specializzate per la Persona, la Famiglia e i Minori.

 

Principi e Criteri direttivi

 

1) istituire presso i tribunali ordinari e presso le corti di appello e sezioni distaccate di corte di appello le sezioni circondariali e distrettuali specializzate per la persona, la famiglia e i minori, di cui ai numeri 7) e 8), assicurando che l’attività delle sezioni specializzate distrettuali sia esercitata in ambienti e locali separati, adeguati ai minori di età e alle esigenze che derivano dalla natura dei procedimenti attribuiti alla sezione a norma del citato numero 8);

2) sopprimere il tribunale per i minorenni e l’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni, operando le conseguenti necessarie abrogazioni e modifiche delle disposizioni vigenti;

3) prevedere che i magistrati, anche onorari, addetti ai tribunali per i minorenni e agli uffici del pubblico ministero presso i predetti tribunali siano di diritto assegnati, rispettivamente, ai tribunali e alle procure della Repubblica del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello a cui sono attribuite le funzioni in seguito alla soppressione ai sensi del numero 2), salvo il diritto, ove già maturato alla data di entrata in vigore delle norme di attuazione, di proporre domanda di trasferimento ad altro ufficio o di assegnazione ad altro incarico;

4) prevedere che i presidenti dei tribunali per i minorenni e i procuratori della Repubblica presso i predetti tribunali siano assegnati, rispettivamente, ai tribunali e alle procure della Repubblica del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello a cui sono attribuite le funzioni in seguito alla soppressione ai sensi del numero 2 con le funzioni di presidente della sezione specializzata per la persona, la famiglia e i minori e di procuratore aggiunto per il coordinamento del gruppo specializzato in materia di persona, famiglia e minori; prevedere che il presidente del tribunale, con provvedimento di organizzazione tabellare, designi il presidente titolare della sezione;

5) prevedere e disciplinare, anche con la previsione dell’adozione di decreti ministeriali, l’assegnazione del personale amministrativo al tribunale e alla procura della Repubblica presso il tribunale del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello cui sono trasferite le funzioni degli uffici soppressi e stabilire la disciplina per l’assegnazione delle attrezzature dei tribunali per i minorenni soppressi;

6) prevedere l’assegnazione dei nuclei di polizia giudiziaria, attualmente operanti presso le procure della Repubblica dei tribunali per i minorenni, ai gruppi specializzati in materia di persona, famiglia e minori, istituiti presso le procure della Repubblica dei tribunali presso i quali sono istituite le sezioni specializzate distrettuali di cui al numero 8);

7) attribuire in via esclusiva alla competenza delle sezioni specializzate circondariali di cui al numero l) in primo grado:

7.1) i procedimenti attualmente attribuiti al tribunale civile ordinario in materia di stato e capacità della persona, rapporti di famiglia compresi i giudizi di separazione e divorzio, anche quando vi siano figli minori, nonché i procedimenti relativi alla filiazione fuori del matrimonio;

7.2) i procedimenti attualmente attribuiti al tribunale per i minorenni dall’articolo 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile e dall’articolo 32 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, fatta eccezione per i procedimenti di cui agli articoli 330, 332 e 333 del codice civile, che sono devoluti alle sezioni specializzate distrettuali di cui al numero 8);

7.3) i procedimenti attualmente di competenza del giudice tutelare esclusi quelli di cui al numero 8);

8) attribuire alla competenza delle sezioni specializzate distrettuali di cui al numero 1) tutti i procedimenti previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, e dagli articoli 330, 332 e 333 del codice civile, oltre ai procedimenti relativi ai minori stranieri non accompagnati e a quelli richiedenti protezione internazionale, e ogni altro procedimento attualmente attribuito al tribunale per i minorenni in materia penale, civile e amministrativa, nonché prevedere che i provvedimenti adottati ai sensi degli articoli 330, 332 e 333 siano comunicati al pubblico ministero del tribunale di residenza di ciascuno dei genitori;

9) istituire le sezioni specializzate distrettuali di cui al numero 1) sul modello della sezione lavoro e prevedere che i magistrati siano assegnati in via esclusiva alle sezioni specializzate di cui al numero 1) istituite presso i tribunali aventi sede coincidente con la corte di appello o con una sezione di corte di appello e che i predetti esercitino le relative funzioni in via esclusiva;

10) prevedere l’istituzione, presso le corti di appello e le sezioni distaccate di corte di appello, di sezioni specializzate per la trattazione dei procedimenti in sede di appello e in sede di reclamo contro i provvedimenti di cui ai procedimenti indicati ai numeri 7) e 8); prevedere che i magistrati ad esse assegnati esercitino le relative funzioni in via esclusiva, ovvero, ove ciò non sia possibile, che tali procedimenti siano comunque assegnati a un collegio specializzato;

11) assicurare alle sezioni specializzate di cui al numero 1) l’ausilio dei servizi istituiti o promossi dalla pubblica amministrazione, centrale o periferica, e in particolare dagli enti locali, dalle aziende sanitarie locali nonché da soggetti privati con esse convenzionati, nelle fasi valutativa, di sostegno ed esecutiva dei provvedimenti, nel rispetto del contraddittorio e dei diritti di difesa delle parti;

12) prevedere che le sezioni specializzate di cui al numero 8) operino nella composizione prevista per i tribunali per i minorenni dall’articolo 2 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404;

13) disciplinare il rito dei procedimenti attribuiti alle sezioni specializzate di cui al numero 1) secondo criteri di tendenziale uniformità, speditezza e semplificazione, con specifica attenzione alla tutela dei minori e alla garanzia del contraddittorio tra le parti, valorizzando i poteri conciliativi del giudice e il ricorso alla mediazione familiare, e in particolare secondo i seguenti criteri:

13.1) dettare una disciplina omogenea per i procedimenti in materia di separazione e divorzio giudiziale e in materia di filiazione fuori del matrimonio, la quale preveda:

13.1.1) introduzione del procedimento con ricorso, prevedendo un termine libero a comparire per la controparte di almeno venti giorni, riducibile, in caso di urgenza, d’ufficio o su istanza di parte;

13.1.2) proposizione delle domande e richieste istruttorie negli atti introduttivi;

13.1.3) svolgimento di una prima udienza davanti al presidente della sezione circondariale o distrettuale di cui al numero 1) o ad altro giudice da lui delegato, il quale ascolta i coniugi o i genitori,  ascolta i minori che abbiano compiuto dodici anni o, quando siano capaci di discernimento, anche di età inferiore, eventualmente dispone e acquisisce accertamenti patrimoniali, adotta provvedimenti provvisori e fissa l’udienza per l’assunzione delle prove richieste negli atti introduttivi e eventualmente precisate all’esito dell’ascolto delle parti e dei minori o, se non ritenga necessaria ulteriore istruttoria, invita le parti a concludere e rimette la decisione al collegio, con o senza la fissazione di termini, secondo la difficoltà del caso, per la presentazione di memorie conclusionali, sentite le parti;

13.1.4) previsione della reclamabilità dei provvedimenti provvisori davanti al collegio della corte di appello;

13.1.5) previsione della possibilità per il giudice istruttore di farsi assistere da un ausiliario nell’ascolto del minore e di disporre in qualunque momento, sentite le parti, una consulenza tecnica d’ufficio psicologica sui minori e sulla capacità genitoriale delle parti, se necessaria;

13.1.6) introduzione di meccanismi di distribuzione degli incarichi relativi alle consulenze tecniche d’ufficio secondo i princìpi della competenza e della specializzazione e previsione dell’obbligo della videoregistrazione dei colloqui peritali;

13.1.7) previsione della facoltà per le parti di richiedere la pronuncia della sentenza parziale di separazione o divorzio sin dalla prima udienza, all’esito dell’adozione dei provvedimenti provvisori, e previsione del potere per il giudice di emanare tale pronuncia in forma monocratica;

13.1.8) previsione della concentrazione dell’istruzione probatoria e dell’attribuzione al giudice del potere di regolare le forme del contraddittorio preordinato alla decisione;

13.2) dettare una disciplina omogenea per i procedimenti di separazione e divorzio consensuali e per la richiesta congiunta di regolamentazione dell’affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, la quale preveda:

13.2.1.) introduzione del procedimento con ricorso congiunto;

13.2.2) comparizione davanti al presidente della sezione circondariale o distrettuale di cui al numero 1) o ad altro giudice da lui delegato, il quale valuta i presupposti della domanda e la corrispondenza delle condizioni concordate all’interesse del minore, disponendone l’audizione ogniqualvolta vi sia un dubbio in merito;

13.2.3) rimessione al collegio per l’omologazione delle condizioni di separazione o di disciplina dell’affidamento e del mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio o per la sentenza di divorzio congiunto;

13.3) dettare una disciplina omogenea per i procedimenti in materia di responsabilità genitoriale di cui agli articoli 330, 332 e 333 del codice civile, nonché per l’esecuzione dei relativi provvedimenti, prevedendo in particolare:

13.3.1) quanto al procedimento in materia di responsabilità genitoriale:

13.3.1.1.) nella fase preprocessuale, che i pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità, quando risultino vani gli interventi di natura assistenziale, siano obbligati a riferire al più presto al pubblico ministero minorile sulle condizioni di pregiudizio in cui un minore di età si trovi e di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio;

13.3.1.2) nella fase introduttiva, l’estensione della legittimazione attiva anche alla persona stabilmente convivente con il minore di età, nonché il contenuto del ricorso, le modalità di instaurazione del contraddittorio ed i casi in cui debba essere nominato il curatore speciale;

13.3.1.3) nella fase istruttoria, una puntuale disciplina dei poteri delle parti, contemperandoli con la specificità del rito e con l’esigenza di celerità ed urgenza delle decisioni;

13.3.1.4) una disciplina dettagliata dell’intervento della pubblica autorità e del rapporto di questa con la competente sezione specializzata e con il relativo ufficio del pubblico ministero;

13.3.1.5) l’applicazione ai provvedimenti urgenti, in quanto compatibili, delle disposizioni del procedimento cautelare uniforme;

13.3.1.6) un regime delle impugnazioni che tenga conto della tipologia dei provvedimenti minorili, individuando quelli reclamabili in corte di appello, con riserva di collegialità ai sensi dell’articolo 50-bis del codice di procedura civile, e prevedendo la ricorribilità in Cassazione, per violazione di legge, dei provvedimenti che decidono sulla decadenza dalla responsabilità genitoriale;

13.3.2) quanto al procedimento per l’esecuzione dei provvedimenti, una disciplina che individui la competenza, indichi il rito e determini le sanzioni eventualmente applicabili in caso di inosservanza.

13.4) assicurare l’adeguata e specifica considerazione dell’interesse del minore, effettuandone l’ascolto videoregistrato e diretto, nei casi e con i limiti di cui all’articolo 336-bis del codice civile, con l’assistenza di un ausiliario specializzato in psicologia o psichiatria ove il giudice lo ritenga opportuno, nonché assicurare il rispetto delle Convenzioni internazionali in materia di protezione dell’infanzia e delle linee guida del Consiglio d’Europa in materia di giustizia a misura di minore;

14) prevedere che le attribuzioni del pubblico ministero nei procedimenti di cui ai numeri 7) e 8) siano esercitate in modo esclusivo o, comunque, prevalente dalla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario, garantendo la specializzazione dei magistrati addetti a tali funzioni;

15) attribuire alla competenza delle sezioni specializzate di cui al numero 8) i procedimenti penali di cui all’articolo 9 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404;

16) istituire nelle procure della Repubblica presso i tribunali presso i quali sono istituite le sezioni specializzate distrettuali di cui al numero 8), gruppi specializzati in materia di persona, famiglia e minori, secondo il modello previsto dagli articoli 102 e seguenti del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, attribuendo al Consiglio superiore della magistratura il potere di nominare il procuratore aggiunto; prevedere l’individuazione, presso le procure della Repubblica presso i tribunali di cui al numero 7) e presso le procure generali della Repubblica, nell’ambito del programma di organizzazione dell’ufficio, di uno o più magistrati con competenze specialistiche;

17) prevedere che in ambito penale le sezioni specializzate di cui al numero 8) esercitino la giurisdizione secondo le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, previamente adeguato alle disposizioni di cui alla presente legge, nella composizione prevista dall’ordinamento giudiziario per le funzioni esercitate dagli organi giudiziari di cui all’articolo 2 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988;

18) fermo restando quanto previsto dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, prevedere la facoltà della parte offesa di partecipare al processo minorile;

19) prevedere che costituisca titolo preferenziale, ai fini dell’assegnazione alle sezioni specializzate e all’ufficio distrettuale del pubblico ministero di cui al numero 16), l’aver esercitato funzioni in materia di famiglia e minori e l’aver partecipato ad azioni di formazione, e che i magistrati privi di titoli per pregresse esperienze in materia di famiglia e minori, comunque assegnati alle sezioni specializzate, debbano svolgere corsi di formazione presso la Scuola superiore della magistratura secondo le indicazioni del Consiglio superiore della magistratura;

20) prevedere che i magistrati delle sezioni specializzate civili e penali, i magistrati dell’ufficio distrettuale del pubblico ministero e i magistrati addetti alla trattazione degli affari di famiglia nelle procure della Repubblica siano tenuti a partecipare annualmente a specifiche attività di formazione, organizzate dalla Scuola superiore della magistratura e aventi come obiettivo l’acquisizione di conoscenze giuridiche, di conoscenze extragiuridiche propedeutiche al migliore esercizio delle funzioni di giudice e di pubblico ministero della famiglia e dei minori, di buone prassi di gestione dei procedimenti e di buone prassi per l’ascolto del minore;

21) prevedere la rideterminazione delle dotazioni organiche delle sezioni specializzate circondariali e distrettuali di cui al numero 1) nonché degli uffici del pubblico ministero, adeguandole alle nuove competenze, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, attraverso la riorganizzazione e la razionalizzazione dei medesimi tribunali, assicurando l’esercizio in via esclusiva delle funzioni attribuite alle sezioni specializzate distrettuali di cui al numero 8), senza determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; prevedere che successive modificazioni delle relative piante organiche del personale di magistratura e amministrativo siano disposte, fermi restando i limiti complessivi delle rispettive dotazioni organiche, con decreti del Ministero della giustizia;

22) prevedere l’emanazione delle necessarie norme transitorie, di attuazione e di esecuzione, nonché di coordinamento dello stesso con le leggi in materia di tutela morale, fisica ed economica dei minorenni, e di tutte le altre norme integrative che il nuovo ordinamento renderà necessarie.

 

 

Principi e Criteri direttivi

 

1) valorizzare gli istituti del tentativo di conciliazione e della proposta di conciliazione del giudice, di cui agli articoli 185 e 185-bis del codice di procedura civile, prevedendo che la mancata comparizione personale delle parti o il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituiscano comportamento valutabile dallo stesso ai fini del giudizio e che il processo verbale di conciliazione costituisca titolo idoneo alla trascrizione ove contempli vicende traslative, costitutive o modificative di diritti reali immobiliari;

2) assicurare la semplicità, la concentrazione e l’effettività della tutela e garantire la ragionevole durata del processo;

3) modificare i casi in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, in considerazione della oggettiva complessità giuridica e della rilevanza economico-sociale delle controversie;

4) collocare il procedimento sommario di cognizione, ridenominato «rito semplificato di cognizione di primo grado», nell’ambito del libro secondo del codice di procedura civile, prevedendone l’obbligatorietà per le cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, con esclusione dei procedimenti attualmente assoggettati al rito del lavoro, prevedendo che l’udienza di prima comparizione delle parti sia fissata in un congruo termine comunque non superiore a tre mesi e assegnando al giudice, nel rispetto del principio del contraddittorio, la facoltà di fissare termini perentori per la precisazione o modificazione delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni, tenuto conto delle domande e delle eccezioni proposte dalle altre parti nonché per l’indicazione dei mezzi di prova diretta e contraria e per le produzioni documentali, escludendo il potere del giudice di disporre il passaggio al rito ordinario;

5) prevedere l’obbligatorietà del rito ordinario di cognizione per le cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, escludendo il potere del giudice di disporre il passaggio al procedimento sommario di cognizione;

6) in conformità ai criteri di cui ai numeri 2), 3) e 4) modificare le disposizioni del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150, e individuare i procedimenti speciali, disciplinati dal codice di procedura civile, dal codice civile e dalle leggi speciali, da assoggettare al rito semplificato di cognizione di primo grado;

7) estendere la possibilità, anche per le cause di competenza del collegio, delle decisioni di cui all’articolo 281-sexies del codice di procedura civile, prevedendo altresì una diversa collocazione sistematica degli articoli 281-quinquies e 281-sexies nel codice di procedura civile, preferibilmente dopo gli articoli 190 e 190-bis del codice medesimo;

8) prevedere che, all’udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione, il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione senza bisogno di assunzione di prova, rimetta le parti davanti al collegio, nonché prevedere che alla stessa udienza il giudice istruttore rimetta le parti davanti al collegio affinché sia decisa separatamente una questione avente carattere preliminare, quando la decisione di essa può definire il giudizio;

9) prevedere che il rito semplificato di cognizione di primo grado sia definito con sentenza che contenga una concisa esposizione delle ragioni di fatto e diritto della decisione;

10) fermo restando quanto disposto dall’articolo 412-ter del codice di procedura civile, prevedere che sia possibile, per le controversie di cui all’art. 409 del predetto codice, ricorrere alla negoziazione assistita disciplinata dal capo II, articoli 2 e seguenti, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, senza che la stessa costituisca condizione di procedibilità dell’azione;

 

 

 

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